21 Apr Il 25 Aprile è sempre il 25 Aprile
Il rischio, sì, è la retorica vuota, la commozione breve, l’ipocrisia diffusa, ma il 25 Aprile è una ricorrenza che non si può trascurare: si DEVE ricordare e celebrare.
Per ricordare da dove siamo venuti, quanto cammino abbiamo fatto con il sacrificio di tanti, di quanto quel sacrificio abbiamo tradito o non ancora onorato di pensieri e azioni degni di esso e della libertà che ci ha lasciato in eredità.
Lo sentiamo ancora più forte qui dove siamo, perché proprio dietro di noi, sul Monte Tancia, in una vasta area che va da Passo Corese, Poggio Mirteto, Salisano, fino a Rieti, nel 2015 è stato istituito dalla Regione Lazio il Museo diffuso della Resistenza in Sabina: un percorso che segna e ricorda i tanti momenti della Resistenza in Sabina dopo l’8 Settembre 1943.
‘La battaglia del Tancia’, così è ricordato lo scontro terrificante che si svolse il 7 aprile 1944 tra i partigiani nascosti nei boschi della montagna e truppe tedesche, aiutate da fascisti repubblichini.
“La ‘battaglia del venerdì santo‘ del 1944 – era il sette aprile – cominciò alle prime luci dell’alba. Il comando tedesco aveva schierato durante la notte, intorno al massiccio del Tancia, nella Bassa Sabina, 60 km. a nord di Roma, reparti delle divisioni ‘Goering’ e ‘Sardinia’ e un battaglione di ‘Camicie nere’. I nemici cominciarono a salire sulla montagna che era ancora buio, in silenzio, guidati da spie repubblichine: speravano di cogliere nel sonno quei trecento ragazzi che dormivano sulla cima, nel Capannone di Tancia e nelle altre attestazioni di Rocco Piano, Crocette, Casale Ferri e Cerreta.
[…] I tedeschi e i fascisti presero quella cima dopo un’intera giornata di durissimi scontri: le armi dei partigiani, ben attestate e ben usate, avevano falciato lungo le pendici del Tancia centinaia di nemici. Il conto non gli tornava, e così, tanto per pareggiarlo, quel conto, la mattina del giorno successivo, all’alba, i soldati della Wermacht, da quei ‘volenterosi carnefici di Hitler’ che erano, bruciarono le casupole sparse sulla montagna e massacrarono tutti i civili che trovarono sul massiccio: otto donne dai 19 ai 66 anni; quattro vecchi dai 70 ai 78 anni e sette bambini dai 2 agli 11 anni.
Sul Tancia niente rimase vivo: anche gli animali che non poterono essere asportati ebbero la stessa sorte dei bambini, delle donne, dei vecchi, dei sei partigiani dell’Arcucciola. A maggior gloria di Hitler e di Mussolini”.
Il silenzio dei boschi, delle rocce, degli animali, ora conserva la memoria di un passato doloroso e feroce, che non dobbiamo MAI smettere di ascoltare, per onorarlo, per rendere onore a noi stessi cercando di essere cittadini migliori.