#100_galline_a_Matera di Francesca Pastore: un’opera da partecipare

#100_galline_a_Matera di Francesca Pastore: un’opera da partecipare

In Francia c’è un microscopico villaggio che si chiama Chavignol, nella regione della Loira centrale, che sarebbe sconosciuto ai più se non fosse per una piccola formaggetta di capra che si chiama ‘Crottin’ e che è diventata famosissima e pregiata: Crottin de Chavignol si chiama, appunto.
A lavorazione lattica e maturazione in grotte costituisce ormai il nucleo dell’economia di un’area molto più estesa nella quale è attiva tutta la filiera: dai pascoli per le capre ai caseifici, dalla vendita al turismo.
Tutto per merito della creta. La storia è questa: le donne del villaggio lavavano i panni nelle buche di argilla piene di acqua; le buche si creavano naturalmente per effetto del movimento del fiume e perché gli uomini asportavano argilla per costruire oggetti, tra i quali le forme (in gergo attuale si chiamano fuscelle) per il formaggio. Una volta asciutte le buche, ‘crots’, venivano usate per mettere a stagionare le formaggette. E così si formavano muffe buone di tutti i colori che rendevano il formaggio bianco dentro, compatto, saporito per effetto delle muffe di fuori. Oggi, il ‘Crottin de Chavignol’ è forse il formaggio  francese di capra più famoso. Questo qua.

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Nella lunga storia delle società umane l’arte-tecnica è la soluzione a un bisogno; la manipolazione delle materie, l’invenzione di strumenti a imitazione degli elementi e delle funzioni naturali sono alla base dell’arte, quindi della tecnica. La creta, come dice Francesca, “è sempre viva, in trasformazione continua”; anche da cotta e dura continua a respirare e a reagire. La creta inventa il reale a sua immagine, giocando ad imitare gli oggetti, gli eventi, le forme, del mondo. Così inventa e crea ciò che non era.
E dall’argilla dei fiumi della Mesopotamia vengono anche le prime forme di numerazione contabile, all’inizio effettuate utilizzando ‘bullae’ di argilla, sfere cave nelle quali venivano inseriti cilindretti dello stesso materiale, dello stesso numero delle merci che accompagnavano. oggetti ai quali per varie ragioni si fa risalire l’origine di scritture alfabetiche, giù e sù fino all’alfabeto che conosciamo.
Da questo straordinario e visionario imitare e manipolare vengono fuori le 100 comari chiacchierone: coloratissima comitiva in viaggio per incontrare noi e tirarci in ballo. Un ballo di storie che s’intrecciano, serpeggiando e volteggiando: quelle che le loro superfici raccontano dell’opera di Francesca, quelle che ciascuno di noi vede rispecchiate in sé.
IMG_20191004_191650_1La mostra, infatti, invita tutt* a lasciare un segno di scrittura su mutande, magliette e calzini di bucato da appendere con mollette di legno a corde tirate da un lato all’altro della piazzetta tra i Sassi; il bucato steso ad asciugare in strada è testimone di antiche usanze quotidiane, private e inevitabilmente pubbliche. Stessa funzione, stesso destino della scrittura.
Liberi di essere tracciati in tutti gli alfabeti possibili, i segni di scrittura  lasciati da chi visita l’installazione ne diventano parte integrante, colorata, palpitante.

 

Ornella
omartini60@gmail.com